Non esistono stime attendibili sul numero dei Nativi Americani che abitavano l’America settentrionale prima dell’arrivo degli europei: alcuni studi hanno ipotizzato la presenza di decine di milioni di individui, ma vi sono dissensi in proposito.
Quando vennero eseguiti i primi censimenti, le popolazioni indigene erano già state decimate da guerre, carestie e schiavitù. Alle violenze perpetrate dagli europei si aggiunsero le infezioni importate dal Vecchio Continente, che provocarono vere e proprie epidemie: si diffusero soprattutto il vaiolo
(utilizzati anche scientificamente per decimare interi villaggi) e varie infezioni polmonari e gastrointestinali, contro le quali le popolazioni indigene non avevano mai sviluppato anticorpi.
Probabilmente le infezioni non furono sempre letali in Canada, dove la popolazione indigena, costituita in gran parte di cacciatori-raccoglitori, conduceva vita nomade; gli uroni del lago Ontario furono tuttavia decimati da malattie trasmesse dai gesuiti che avevano fondato missioni in quell’area.
Le popolazioni indigene del Canada mantennero una relativa indipendenza grazie al fatto che i coloni francesi, perlopiù commercianti di pelli, apprezzavano la loro abilità di cacciatori e avevano inoltre bisogno della loro alleanza nella guerra con l’Inghilterra.
Gli inglesi considerarono invece la presenza delle popolazioni indigene come un ostacolo ai loro insediamenti sulla costa atlantica dell’America settentrionale, forzando gli indiani ad abbandonare i propri territori. L’arrivo dei coloni portò inoltre guerre e malattie che decimarono gli indigeni, costringendoli a cercare rifugio a ovest dei monti Appalachi.
La politica degli Stati Uniti d’America verso gli indiani fu spietata: guerre indiane, deportazioni, massacri, devastazioni dei territori e delle risorse, spoliazione (Indian Removal Act del 1830, Homestead Act del 1862), alleanze non rispettate (l’Oklahoma, riconosciuto ufficialmente alle “cinque nazioni” nel 1834, fu
aperto alla colonizzazione nel 1889 e divenne stato dell’Unione nel 1907).
La condizione delle popolazioni native superstiti all’inizio del XX secolo era segnata dalla povertà e dall’emarginazione. Soltanto nel 1924 fu loro accordata la cittadinanza statunitense.