Magnificat è il romanzo d’esordio di Sonia Aggio, giovane scrittrice di Rovigo che si immerge nel passato del suo territorio.
Pubblicato da Fazi Editore nel 2022, Magnificat è un racconto a due voci che parla di perdita, amore e legame con la propria terra.
Norma e Nilde sono cugine, vivono sole in un casolare del Polesine. La perdita dei genitori di entrambe, durante un bombardamento, ha siglato per sempre il loro legame, facendole sentire come sorelle.
Quando Norma torna a casa ferita, in seguito a una caduta dalla bicicletta, la loro quotidianità viene interrotta da misteriose manifestazioni. La preoccupazione di Nilde diventa incubo: la sua unica famiglia si sta trasformando. Norma si chiude in un silenzio difficile da accettare. Diventa schiva, selvatica, la determinazione dei suoi atteggiamenti insorge nella rigidità dei lineamenti del suo volto.
È il 1951, la terra viene scossa da temporali improvvisi, presagio di un drammatico evento naturale che sconvolge parte delle province di Rovigo e di Venezia.
Il 14 novembre il Po esonda e ha inizio la più estesa alluvione del XX secolo in Italia.
“Il vento arriva all’improvviso, mentre raccoglie i panni. Nilde appallottola le lenzuola contro il petto e alza la testa: il temporale si è avvicinato in silenzio, la pancia piena di fulmini, ha inghiottito il tramonto”.
Che cosa abbia spinto Sonia Aggio a scrivere una storia in cui al reale si legano elementi soprannaturali lo spiega l’autrice stessa raccontando la genesi del libro: riempire un vuoto nella produzione letteraria con miti e leggende correlati alla sua terra.
Segnalata più volte dalle giurie di premi importanti, come il Premio Calvino e il Premio Campiello Giovani, l’autrice sceglie paesaggi notturni, atmosfere cupe e sconfinate campagne sovrastate da nubi mosse dal vento. Infine, le acque minacciose del Po, che sembrano “urlare” un avvertimento primitivo che Nilde non riesce a sentire, perché tra i modi in cui può manifestarsi l’amore c’è quello che tutto dona e nulla chiede in cambio, neanche delle spiegazioni o un brandello di verità.
Sin dalle prime pagine si avverte il senso della tragedia per qualcosa che sta per accadere e il sospetto che qualcosa sia già avvenuto. Al centro un legame minacciato, apparentemente sopraffatto, ma da entrambe le protagoniste custodito… a modo loro.
È Nilde a dare inizio alla narrazione, qualche anno dopo l’alluvione, probabilmente per riconciliarsi con quella parte di sé che il fiume in piena ha portato via. Se Norma è determinazione e coraggio, Nilde è dolcezza e speranza, ma soprattutto il simbolo di chi è costretto a riedificare da ciò che resta, dopo aver visto le sue uniche certezze annegare.
“Si volta di nuovo verso il mare e lì, tra il blu e il grigio, c’è una donna in un costume a righe rosse e bianche che la fissa. Nilde la intravede per un secondo solo: un gruppo di ragazzi passa tra loro e quando si allontana la donna è sparita”.
Magnificat affonda le radici nel paesaggio, in quella Natura imponente e spaventosa, dispensatrice di bellezza e giudice finale quando scende a patti con l’uomo.